sabato 27 settembre 2008

La morte del Mercante



Poi non ho più saputo nulla, tranne quella frase sul cambio di vita. Frase a cui non credo soprattutto pronunciata da qualcuno che nei luoghi ci vive in maniera ossessiva.
Ora ho avuto qualche notizia per conto terzi. Mi hanno detto che passa molto tempo a lustrare le statue dei morti al cimitero. Mi hanno detto che aspetta un cadavere che non è mai arrivato e finché non arriverà aspetterà. Ogni finestra incapsulata sotto il foglio di cristallo della parete, liscia come il marmo delle tombe, è un loculo che dovranno riempire. Ogni volta che guarda fuori dalla grande terrazza, quella principale, a sbalzo su tutta la città, ogni volta, spera compaia lui all'orizzonte. Il mercante di sogni.
Molti tra consiglieri e amici e semplici popolani gli hanno supplicato di smettere. Di lasciar perdere. Che Marco Polo è defunto in mare, durante la grande traversata e il suo corpo s'è fatto di sale e acqua e le sirene cantano la sua storia e i marinai gettano un bicchiere di bruciabudella ogni qual volta la loro nave incroci il punto del naufragio.
Il grande Khan non si rassegna e vorrebbe partire per cercarlo. Ma fuori della città l'imperatore non conosce nulla, fuori della città l'imperatore è più piccolo di una formica e più smarrito di un pulcino.
Allora percorre il perimetro delle mura, con la mano appoggiata alle pietre di tufo, ascoltando lo scalpiccio dei cavalli in arrivo da fuori, sobbalzando all'idea che una di quelle bestie possa ricondurgli il mercante.
Questa è l'ultima immagine che mi ha fatto pervenire, forse dell'ultimo porto visitato da Marco. Mi chiese di trovarglielo, a qualunque costo. Dopo un mese di ricerca palmo a palmo, incapace di soddisfare i desideri del grande Khan, gli inoltrai questo messaggio:

Per quanto cerchi non troverai colui che non c'è più. Per quanto aspetti solo verrà alla tua porta il tempo che lenisce ogni dolore. Per quanto credi Marco Polo ora sei tu, grande Kahn.

mercoledì 17 settembre 2008

Normal guy

domenica 7 settembre 2008

Recriminazioni

Riprendo, dopo mesi, la ricerca di senso. Il senso è viziato, per sua stessa natura; il senso è quello che diamo noi alle cose. La Storia è viziata. Narrata, interpretata, addomesticata, piegata alle esigenze capziose dello Storico; che vuole dimostrare. Che vuole convincere. Che crea un mondo perfettamente logico e verosimile – è intelligente lo Storico – in cui le tessere combaciano e tutto torna. Tutto potrebbe tornare. Non ci sono zone d'ombra, e in ogni caso non si insiste su di esse. L'atteggiamento di questi Storici (non di tutti, per carità) è profondamente antiscientifico, come si vede. Inoltre essi peccano d'arroganza nel cercare il Senso, la Rivelazione, un'apocalisse che disveli. Non si rendono conto che nello stesso momento in cui diranno 'ecco, ho capito', un altro di loro – traditore, falso amico! - sarà già pronto a coprirli di ridicolo con una domanda inopportuna.
Perché non esiste sovrapposizione onesta tra Storia e storiografia, esistono solo mille mondi possibili. Palladio e Le Corbusier dopo Colin Rowe non sono più gli stessi; ma da lì comunque di strada se ne è fatta. Non c'è ricerca che non possa essere perfettibile. Il rischio è quello di una mitopoiesi convincente, dolce e rassicurante, oracolo mistificante e nemico del dubbio.
Ma questo è Poesia, non Storia; è narrativa, è tragedia, è la creazione di un percorso lineare che narri degli universali in un modo verosimile, che narri dell'Uomo; e tuttavia è solo uno dei tanti modi di cui è affastellata la Storia, che è affastellata di uomini.