giovedì 27 novembre 2008

Ai dottorandi che prenderanno in mano Citytaste

Continuate a fare. Non smettete neppure un momento, per carità. Ho creduto in questo strumento del blog e di Citytaste ed ora ve lo cedo o meglio ve lo concedo senza difficoltà. Potrei dirvi che la ragione del mio abbandono, la ragione di un certo fallimento dunque, riguarda la mancata coesione del gruppo. L'assenza di una leadership forte, la debolezza dei programmi, la faciloneria di alcuni, i veri mestieranti che non sono certo "Il mestierante". Potrei dirvi che il mio statuto non produttivo in seno alla pratica architettonica è stato il vero limite, potrei dirvi che mi sono circondata di collaboratori scadenti, che un capitano di ventura dovrebbe saper scegliere le proprie maestranze. Scendendo e scavando posso ammettere la mancanza di un nemico, l'assenza di qualcuno che s'incazzi vedendosi dare pubblicamente dell'imbecille. Potrei dirvi che il fallimento è la confusione sul vostro mestiere: palazzinari travestiti sotto spoglie d'artisti. Ché dopo tre anni di dottorato nella ridente Italia dell'architettura non me ne frega davvero più nulla. Posso prendermi tutte le responsabilità - che tanto non capireste - posso lasciarvi questa macchina di cui non conoscete il funzionamento (e lo s'intuisce dalle facce poco sveglie che ho incrociato in aula magna alcune settimane orsono).
Ma il problema è un pò più grave. Il problema è il destino di ciò che siamo, il problema sono le miriadi di droghe legali che assumiamo sotto forma di parole coercitive: lavoro, successo, denaro, potere, salute, amore, tempo.
Vi lascio davvero tutto perché in questo momento scrivo dal carcere e non m'occorre nulla. Non c'è alcuna libertà e anche la maglia che indosso è un peso.
Nelle ultime ore lo stato dei miei pensieri s'è aggravato e se fino a poco fa ho creduto di potermi salvare attraverso le parole adesso anche quelle sono un veleno. Mi chiedo che cosa accade nel silenzio.
A voi che prenderete in mano i CT dispenso alcune perle che, nel vostro caso, sono assolutamente date in pasto ai porci:

Chedetevi qual è l'ultima volta che vi siete emozionati davanti a un'opera d'arte.
Se sarete onesti la risposta sarà mai altrimenti non fareste gli architetti.

3 commenti:

  1. elisa, vedo solo ora, in un momento rubato (sul serio) al lavoro i tuoi - tantissimi - post. Ho bisogno di tempo per leggerli, questo l'ho divorato ma ho bisogno di altrettanto tempo per risponderti.
    a presto dunque.
    parto per berlino giovedì, ti dirò se qualcosa mi avrà emozionato.

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  2. Jenny, sono molto felice di sapere che vai a Berlin. Bizzarra coincidenza e doppia. In quei giorni sarò gallica ma ieri notte mentre scrivevo a otto mani (tutte mie) cercavo biglietti per la capitale germanica.
    T'abbraccio forte e mi manca moltissimo Il Mestierante

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  3. Ciao Eli, l'ultima volta che mi sono emozionato davanti ad un'opera d'arte, dato che anche un film è opera d'arte nevvero?, è stato solo mercoledi scorso. All'Odeon guardando il documentario su Louise Bourgeois. Ho sentito un misto di mille sentimenti e sono uscito esaltato. Che donna. Che mente. Che...tutto. Mi sono emozionato il venerdi, per la strada osservando il paesaggio che intorno a me si imbiancava mentre mi rallentava e faceva perdere la concezione temporale portando a circa otto ore il tempo necessario per arrivare a milano e costringendomi a correre a Torino la mattina dopo. Fortunatamente devo darti un pò contro e dire che proprio perchè architetto mi emoziono mille volte. E' veramente una figata. E proprio perchè architetti avremo molta difficoltà ad assumere le droghe che nomini, quindi lavoro, successo, denaro, potere, salute, amore, tempo. Purtroppo da noi poco di questo è concesso. E' uno stano mondo. Credo che forse dovresti chiederti non cosa accade nel silenzio...ma cosa accade in un mondo di colori. A volte offuscati....io me lo chiedo every day...e sopratutto esci dal carcere. Ciao Bella. Un bel bacio.

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