[®acconti inediti 2008]
Così m'è rimasta questa passione per i limiti urbani, questo taglio impressionista, acquerello e abbozzo narrativo, veloce. Nel mio campo non sarò mai un romanziere né un poeta, perché resto sulla superfice della tela, perché non so approfondire, creare il dettaglio.
Mi apposto ai margini della città, dove il rombo degli aeroplani e i tonfi delle scavatrici formano l'unico paesaggio sonoro possibile. Mi fermo lì, in mezzo al movimento assordante della gente che fa, dei costruttori di mondi. Li osservo per ore, per giorni, li seguo come i falchi a circonferenze sempre più strette e a volte non ne ricavo che pochi scatti. Impressioni.
Questa mancanza è stata, per me, ragione di molte e lunghe sofferenze, vergogna di non saper e non poter fare. Di più. Mi sono sempre considerato incapace di scendere in verticale, incapace di usare i colori a olio che soffocano qualunque via di fuga. Poi questa menomazione è diventata la cifra costitutiva delle mie opere e sulle mie mancanze ho costruito questo mestiere.
L'estrema solitudine delle folle, il disagio e la quiete apparente.
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