mercoledì 26 novembre 2008

Autoritratto



[®acconti inediti 2008]

Quando l'ultimo inquisitore sarà morto anche le streghe scompariranno.

Quest'affermazione rimbalza sui muri della stanza tappezzata di lenzuoli bianchi.

A. Sappiamo enrambi che è una provocazione perché anche se le persone muoiono i personaggi restano immutati. Come quei castelli della Scozia, che non vedremo mai insieme, in cui mura umide e solidissime si sgretolano solo in superficie. I personaggi restano immutati, forse cambiano pelle con il passare delle mode, ma le imponenti pietre del loro statuto mitico sono quasi indistruttibili.
M. Infatti stai parlando con il mio personaggio. Anzi, stai scrivendo al mio personaggio, di me non hai mai saputo molto...
A. Sto cercando di dire che siamo destinati a rappresentarci, così come siamo, in un'infinita galleria di autoritratti, tentando di attenuare quei difetti, volendo cogliere certe luci potenti, ritoccando ossessivamente il punto di giallo su labbro inferiore. Sai che mi sono chiesto spesso se non fossero tutti autoritratti, anche quest'odore di chiuso, il fatto che non siamo più vivi, che respiriamo e ci affanniamo, che apriamo e chiudiamo la porta.
M. Mi pareva ci fossi anche tu, ma mi sbaglio, a quella mostra quando per la prima volta vidi il volto di Maria Casares. Quando per la prima volta vidi il volto di Maria.
Fumava quella sigaretta di smalto rosso e gli studenti della Sorbona prendevano appunti davanti allo schermo infestato dai fantasmi di Cocteau.

Lei, la strega, con quegli occhi più forti del destino, diceva ad Orfeo:

La nostra più grande punizione è quella d'essere giudici. Dovere giudicare.

A. Questa notte sono tornate a visitarmi le donne francesi. Accade sempre un piccolo presagio prima dei viaggi. A Parigi ci sono tre luoghi in cui mi è impossibile non ricordarti. La spianata del Plateau ma solo d'inverno quando si sente il fumo delle caldarroste, il cimitero di Pére-Lachaise, in cui non sono più tornato anche se ci vivevo accanto, e il Trocadero.
M. Lui sosteneva che non ci si può innamorare dei luoghi, che esiste sempre una storia, una relazione. L'altro da noi, presente o assente, che dà senso allo stare, che impreziosisce la permanenza. Io sostenevo che anche nella più perfetta solitudine si può cucire una narrazione. Lui mi chiedeva perché ora, in questo preciso esatto subitaneo momento, fossi tanto innamorata di questa città. Mentre lo ascoltavo pensavo all'altra. L'amore presuppone un grado d'infedeltà.
A. Ho sempre scelto i luoghi: i miei autoritratti a differenza dei tuoi sono mappature, snodi della metropolitana, strade percorse infinite volte, biglietti del treno, valige, scontrini dei bar.
M. L'autoritratto che preferisco sei tu alla stazione di Bologna la sera, verso le dieci meno un quarto, quando aspetti al primo binario il treno per Parigi.
A. Niente d'esotico, solo il bisogno di una bigamia giustificata, poligamia magari. Niente di più banale di questa immagine senza mercato. Invendibile.
M. Quando lo rivedrò a Parigi mi chiederà di professare la mia fede. Mi obbligherà a scegliere. Allora dovrò tradire il mio sentimento o accettare il destino della pira su cui prima o poi verrà bruciata anche l'ultima strega.

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