mercoledì 28 maggio 2008

CAPANNA PRIMIGENIA


Non vorrei seppellire le vostre diatribe sul SENSO dell'Architettura, che giungono come un orgasmo al mio cervello di scimmia, ma la risposta sembra lapalissiana.



Il SENSO dell'Architettura è avere un tetto sopra la testa.


Vi esorto quindi a riflettere sull'idea, tutta contemporanea, di definire architettura anche spazialità prive di cappello.



7 commenti:

  1. Ovviamente né dal punto di vista etimologico, né da quello funzionale o estetico o concettuale posso minimamente concordare con la tua affermazione. Architettura è limite, confine, spazio sacro, di rappresentazione, sottrazione allo sguardo, svelamento, dichiarazione, ritualizzazione ecc.ecc. Per farti solo alcuni esempi (visto che con questi ragioni) il monolite nero di 2001 odissea nello spazio è architettura a tutti gli effetti ma di tetto non c'è l'ombra. Confondi in modo abbastanza superficiale la differnza tra uno degli aspetti dell'architettura contemporanea, quello del prodotto di massa, con l'idea di simbolizzazione. Se vuoi entrare nel merito della nostra discussione non usare inutili e infantili escamotages ma confrontati dialetticamente!

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  2. ...pensa che io l'avevo presa come una scherzosa provocazione... non penso che superbaro dicesse sul serio... no??

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  3. Intervento nuovamente con riferimento a CAPANNA PRIMIGENIA e ARA&PACE II per chiarire la mia posizione. Nel mio primo commento, sostenevo quello che sostiene anche Eileen Gray, ovvero l'idea di falsificazione, inesistenza del vero, etc. Ma: il problema è che riferirsi a ogni cosa come a qualcosa di costruito o finto, non ne scalfisce la portata filosofico-politica. In altri termini, e qui sto un po' nei miei campi, sebbene l'antropologia abbia spesso messo in luce che a volte un mot non corrisponde a nessuna chose, è pur vero che questo mi interessa ben poco. In altri termini, non mi interessa inserirmi in un dibattito epistemologico che veda contrapposti realisti e idealisti. E' roba piuttosto vecchia, quella. Ciò che mi interessa indagare, con Foucault (e Butler) sono le condizioni di emersione di una data episteme, di un modo di pensare, di un modo di descrivere la realtà. E allora torno alla mia domanda (quella sì, primigenia): come mai a un certo punto la città si cristallizza e diventa intoccabile? Non mi interessa sapere se si tratti di vera arte oppure no, se alcune cose meritino di essere conservate oppure no. Ciò che mi interessa sapere è perché a un certo punto esse vengono considerate tali. Scusate, ma questo supera le vostre riflessioni, rappresenta un salto (non parlo da un punto di vista della qualità) e fa sì che la questione diventi meta-teorica. Se non si arriva a questa riflessione, il rischio fortissimo è che l'idea che tutto sia falso e inventato (di per sé interessante 'punto di partenza') ci porti diritti diritti a una sorta di 'quietismo' e immobilismo politico e intellettuale in cui anything goes, ovvero in cui il mondo è una tavola liscia, piatta e indifferenziata e siccome tutto è inventato allora chissenefrega. E' il rischio che corre tutto il pensiero post-moderno, e con esso le nuove versioni della teoria critica (postcolonial, cultural, subaltern), che seppure intelligenti e utili, devono essere richiamate alla 'realtà' attraverso qualche riferimento alla vecchia analisi non dico marxista ma comunque legata a qualcosa che convenzionalmente chiamiamo 'fatti' (cioè quelle robe che non possono essere ridotte semplicemente ai testi).

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  4. L'avrei presa come una scherzosa provocazione se almeno una volta fosse entrato nel merito della discussione e non con citazioni altrui ma esprimendo il proprio punto di vista. Poi davvero, quando fa provocazioni intelligenti sono la prima a felicitarmi. Questa per me non lo è...

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  5. Fraqncescomaria pone una questione:cos'è che fa essere vera una verità? Come mai,nello stesso periodo storico, altre verità sono state ritenute non vere? Come mai una verità prevale sulle altre? Di questo si è occupato parecchio Foucault, indagando le procedure e gli intrecci fra saperi e poteri.
    Si tratta di un percorso di indagine affascinante che trova la sua maggiore espressione nel testo dal titolo significativo: " La volontà di sapere", edito da Feltrinelli, in cui Foucault indaga la nascita della sessualità, ma che fornisce gli atrezzi per indagare su qualsiasi sapere; e dunque anche sulla nascita del sapere architettonico visto nel rapporto fra sapere e potere.Tuttavia, pur nella sua grandezza dimostrativa, Foucault appartiene a quella filosofia la cui verità incontrovertibile è il divenire altro, delle cose.Cioè, ritiene che gli essenti (tutto ciò che non è niente) provengano dal niente e una volta smessi di essere,ritornino nel nulla.In definitiva,anche per Foucault, come per la quasi totalità della filosofia occidentale, l'ente proviene dal niente e ri/diventa ni/ente.Sulla base di questa "follia" concettuale, difficilmente si potranno trovare verità che stanno, verità incontrovertibili.Proprio per questo sono caduti gli dei e si è parlato della morte di dio.Sulla base di questa" follia" occidentale, I rapporti fra saperi e poteri sono inevitabilmente conflittuali (volontà di potenza) e dunque, per imporsi,gli uni sugli altri, hanno bisogno di procedure teorico/pratiche che si attuano attraverso degli apparati,oltre che filosofici, soprattutto tecnico/scientifici.Le varie "verità", o se si vuole "valori", non possono che confliggere ed ecludersi a vicenda, per cui tutti, per vincere, hanno bisogno di procedure la cui efficacia dipenderà sempre di più dalla potenza tecnico/scientifica a disposizione. E dato che l'apparato tecnico/scientifico (appoggiato dalla filosofia contemporanea) non ha scopi se non quello di moltiplicare all'infinito gli scopi, le "verità", i "valori" e le conflittualità saranno garantite per molto tempo ancora, anche in campo architettonico.

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  6. Vogli ritornare sui TETTI, ma rimanendo anche sul SENSO. La grotta, la caverna e l'albero sono un rifugio, non opera architettonica.Immagino l'ARA come altare sacrificale.La vedo come una delle prime forme architettoniche.Non ha tetto all'inizio, se non la cupola celeste.La cupola celeste è il primo tetto. Un tetto oltre il quale e nel quale sta quella verità incontrovertibile non scalfibile dal tempo e dagli eventi.Giù nella terra c'è la parvenza della verità sempre in conflitto col diventar altro delle cose.L'ARA ha la funzione di collegare l'esistere delle cose caduche con una verità che sta in una durata eterna.Siamo nel mito.

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  7. L'ara, l'altare, il dolmen, sta all'aperto all'inizio.Ma anche quando l'altare sta dentro e si identifica col focolare ha per tetto virtuale la cupola celeste. Ma la cupola rimanda anche alla cavità sepolcrale, alla mammella che nutre,al glande che fertilizza e alla cavità cranica che contiene il cervello. Le convessità che si rapportano con le concavità fanno dire a S. Giedion che "Tali incastri a forma di cavità e sporgenze cupoliformi nella pietra sono le prime forme di cavità circolari attestate nelle civiltà umane. Con esse il simbolo giunge alla sua prima espressione oggettiva".S. Giedion - THE ETERNAL PRESENT-1962. FELTRINELLI, 1965.

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