lunedì 31 marzo 2008

La beffa

Hai gli occhi stanchi stamattina, signor M; dietro le lenti spesse c'è ancora il bagliore riflesso dei tuoi aeroplani, le lunghe traversate notturne sulla Manica, nelle orecchie il clangore delle eliche e delle mitragliatrici. Hai la borsa infilata di sghimbescio nel portapacchi della bici e pedali mentre un po' di vento ti si infila tra il colletto e la sciarpa allentata; le guance arrossate, tiri su col naso e cerchi di sistemarti meglio mentre centri una buca nell'asfalto e sobbalzi tutto, tintinnando.
Quando arrivi, scendi e chiudi la bici. Prendi le tue cose, la borsa è quasi volata via dal portapacchi, c'è tutto, sì, sei distratto signor M stamattina, hai ancora sonno e qualche briciola agli angoli della bocca, che strusci via con il dorso della mano.
Entri, aspetti il tuo turno seduto. Molta gente, facce che ti guardano per un istante per riprendere a parlare un attimo dopo. Confusione di voci, e tu sei stanco e nervoso; frughi nella borsa, trovi ciò che cerchi e ripassi mentalmente quello che devi chiedere. Solo alcune domande, ma sai che hai poco tempo e spesso poca attenzione da parte del tuo interlocutore; devi essere chiaro e conciso. Non smaniare già ora, signor M. Tocca a te. Passi una seconda porta, ti siedi davanti a un tipo che mentre parli mastica una gomma ipnotica. Non ti fissare sulla gomma, M. Non ti fissare, continua a chiedere. Il tipo sembra collaborativo, risponde a tono finché non esita proprio sull'ultimo tuo quesito, chiama un collega che scuote la testa, fa una smorfia supponente, ne chiama un altro, che però è al telefono e fa cenno di aspettare. Tu sei lì con la tua borsa sulle ginocchia, ciancichi la cerniera mentre loro discutono il tuo caso, dandosi sulla voce l'un l'altro, ora che è arrivato anche quello del telefono.
Guardi fuori dalla finestra, guardi di nuovo quello che biascicava la gomma, e pensi che ora sarà diventata di cemento. A questo pensi, mentre loro si azzuffano sulla tua domanda. Passa un buon quarto d'ora, la seduta si scioglie con un niente di fatto, cogli al volo le parole "pausa" e "caffè". L'uomo di gomma ti guarda, a te pare imbarazzato, o forse nauseato dalla gomma eterna, non si sa. E' interpretabile, dice. Certo che lo è, pensi, altrimenti non ero qui. Ti alzi, ringrazi comunque. Ti incammini verso la bici rimettendo a posto le tue scartoffie, ti aggiusti gli occhiali, non guardi dove metti i piedi. Pesti una gomma, l'odore dolciastro di menta masticata ti entra nelle narici mentre cerchi di toglierla da sotto la scarpa e pensi che forse c'è un nesso tra le cose, che la vita è beffarda o che molto più semplicemente per uno che mastica una gomma c'è sempre un povero diavolo che la pesta.

2 commenti:

  1. Lo dico: scrivi meglio di me Zio Traditore dei Pescivendoli! Cacchio quanto scrivi bene! Ho un'invidia mista ad ammirazione. Ma rosico. Il piacere di chi capisce pur sapendo che non sarà in grado di fare...ma vorrebbe fare!

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  2. E questo non è un Pesce d'Aprile!

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