martedì 11 marzo 2008

momenti critici per il mestierante

Oggi il mestierante se l'è vista brutta. Occorre un preambolo: siccome il mestierante ha anche velleità intellettuali, si cimenta in attività accademiche. Fa un dottorato e fa il valletto ai corsi di progettazione. Gli hanno detto che queste cose gli serviranno, che un buon architetto è uno che non finisce mai di fare ricerca, di mettersi in gioco, di rinnovare i propri orizzonti creativi. Gli hanno detto anche che un buon architetto non esaurisce mai il suo cammino di crescita compositiva e progettuale, non è autoreferenziale, è in continuo divenire professionale così come lo è nella vita, laddove vita e arte si corrispondono, e la sua curiosità ne fa un individuo critico, dubbioso, provocatore, entusiasta, fragile e coraggioso a un tempo. Questo buon mestierante si fa infinocchiare, scodinzola, è tutto un fremito, pensa che bello, voglio diventare proprio così, voglio essere uno che ha capito con quale atteggiamento pensare me stesso e la realtà, voglio dire anche agli altri, ai poveri non architetti, qual è il modo giusto di pensarla. Insomma, per farla breve vuole diventare un Buon Architetto. Allora s'ingegna, tanto fa e tanto mena che si trova anche a fare le revisioni ai futuri Buoni Architetti. Sa cosa deve dire. Glielo hanno detto, mestierante, guarda, non cominciare a parlare di vie di fuga, di scannafossi, di cavedi, di normative, ché queste cose annoiano, i futuri Buoni Architetti mica vogliono sentir parlare di 'sto grigiume, vogliono atti creativi, roba forte, segni importanti. Lo sa il nostro mestierante, e va tutto baldanzoso alle sue revisioni. Ci prova un po', parla di principii compositivi, di tracciati, di straniamento; parla, parla, ma gli sembra che - insomma, non è sicuro ma gli pare proprio che - con la coda dell'occhio e con il retrotreno del cervello lo vede che quella scala è un po' strettina, quante persone ci staranno in questo auditorium, bisogna fare un calcolino dei moduli, e poi questo edificio è un po' lungo, occorrerà un giunto, e quella pendenza del parcheggio è un po' troppa, insomma il mestierante si distrae. Perde il filo. Tutta la sua poetica crolla. Balbetta qualcosa, non sa che rispondere al futuro B. A. che gli chiede se il il gesto risponde pienamente al concept. Ha in mente solo quella cazzo di scala. E' stretta, non basterà, moriranno tutti in caso d'incendio. Non ce la fa più, lo dice. Occhi increduli. Che c'entra ora l'incendio, ché porta iella questo, stavamo amabilmente discorrendo di trame e volumi. Tutti come un sol uomo, tutti che lo guardano come un cane rognoso. Roba da matti, cos'è, un geometra questo mestierante revisore che ci annoia così? Il mestierante suda ma capisce, è un mestierante ma ha pur sempre il senso dell'opportunità, è un gaffeur ma non persevera nell'idiozia. Li guarda, questi futuri B. A. Sorride, ammiccante. Scherzavo. Mica mi avrete preso sul serio. Sospettosi, alcuni sorridono di rimando, per primi, seguiti poi dagli altri, in una cristallina cascata d'ilarità. Auff, anche stavolta è andata. Vai, mestierante, tanto questo auditorium non s'ha da fare.

1 commento:

  1. Vai Eugenia!
    Insinua il dubbio. Progetto non è solo sega mentale! (senza nulla togliere alla Sega Mentale) Qualcuno dovrà pur potere scappare da quel dannato auditorium se il concerto fa schifo.

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