venerdì 7 marzo 2008

le illusioni del mestierante

Quando l'architetto si alza la mattina guarda il cielo e dice: è un'ottima giornata per iniziare un nuovo progetto. Lo sguardo è duro, gli occhi una fessura, la sua spietata analisi del mondo lo rende inattaccabile. Sorride sprezzante, lo puoi vedere in mezzo a molti, con quel passo un po' così, la vittoria in tasca, il cappello di sghimbescio. Il progetto di oggi sarà il migliore, l'ultimo è sempre il migliore, lo sappiamo tutti, è un figlio che sta per arrivare, lo conduciamo trepidanti, ci fa penare ma via, via, guarda che idea, che gesto, che soluzione si è trovata, guarda con quale lirismo si è risolto questo innesto così difficile. Che figlio, che figlio che ha generato. Che padre che è. Questo progetto che l'architetto ha pensato sarà costruito e sarà bellissimo. Possiamo dirlo? bellissimo, sì, alla faccia dell'ostracismo per questo termine così poco scientifico, così cheap.
L'architetto cammina, è felice. Va al suo studio, lavora al suo progetto. Un giorno scarica la posta. Si richiede un incontro con il committente di questo progetto, proprio questo qui che abbiamo detto ora, il più bello di tutti. L'architetto è un pochino infastidito, poco poco eh, niente di serio, si sono visti pochi giorni prima, tutto bene, tutti contenti. A parte qualche discussione sui costi, ma che sarà mai, l'Idea è l'Idea, ora questi clienti non vorranno mica metter bocca sulle scelte. L'impresa. Ma sì, insomma, l'impresa pone delle perplessità, poi quel cemento a vista va saputo fare eh, siete in grado?, sì, certo, ma se non viene bene è proprio brutto. L'architetto fa buon viso ma lo vedi che comincia a tremare, a questo figlio il nome lo voleva dare lui, doveva avere la sua faccia e invece gli sembra che i contorni comincino a farsi vaghi. E queste coperture piane, mah, sarà, poi ci piove sui muri, è sicuro Architetto che sia il caso, ma sì, ma sì, la gronda c'è ma non si vede, state tranquilli che l'architetto sa il fatto suo. Ma queste vetrate, così ampie?, un casino pulirle poi, si potrebbero limitare un po', restringere, poi ci mettiamo le tende sennò. Le tende? Le tende? L'architetto ora sta male. Ripensa il progetto, lo lima, gli dona nuove sembianze, ma non lo ama più. Ripensa anche se stesso. Anche stavolta è successo. Il progetto più bello di tutti, anche stavolta è snaturato, stuprato dalla logica del mestiere. Lui lo sa di essere un mestierante, si trucca da damerino ma ha la terra sotto le unghie. Ma state tranquilli, l'architetto-mestierante si salva sempre. La storia finisce bene. Perché domattina lavorerà ad un nuovo progetto, e quello sì che sarà il più bello di tutti.

2 commenti:

  1. Eugenia, hai tutta la mia solidarietà.
    Sono troppi. Ormai non si contano più i figli non riconosciuti ancora in grembo, proprio lì, verso la fine, quando dall'ultima ecografia sembrava un così bel cicinino.
    Tutti riconosciuti da un solo genitore.
    Il committente.
    Zio prete.

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  2. l'uomo è un volto di sabbia che sta per scomparire, miei cari. l'illusione dell'autore è una roba tutta moderna, che va messa da parte. del resto anche nella schizofrenia il paziente è uno, ma è il risultato di un malessere psichico che ha un raggio ben più ampio... :-) l'autore non è mica uno! quella è una roba romantica...
    e intanto a ny piove.
    ft

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