martedì 8 aprile 2008

Autodafè

Marco - disse Kublai Kahn rivolgendosi al suo ospite - raccontami prima di partire della città di Autodafè. Molti dicono che sei il solo in tutta la Cina ad averla veduta.
Mio signore - rispose Marco Polo - è vero che ho visitato Autodafè, ma è altresì vero che nulla posso dirti di quel luogo.
Allora il Gran Kahn si accigliò - molte volte ti ho detto che non credo a ciò che mi dici. Le città di cui parli sono pura invenzione. Perché allora negarmi quest’ultima menzogna? Perché non descrivermi anche quest’ultima città?
Grande Kahn - osservò Marco - il posto di cui parli è inaccessibile alle parole. Nessuna forma vi è contenuta. In nessun tempo.
Allora – rimbrottò l’imperatore – tu come ci sei arrivato? E quanti giorni hai sostato tra le sue mura?
Mura, Kublai Kahn? Rispose il mercante. Chi ti dice che Autodafé sia circondata da mura? Nessun bastione la cinge. Nessun mare la protegge. Nessuna montagna la sovrasta. Nessuna porta la schiude allo sguardo. Autodafé non si scorge in lontananza. Non vi si può giungere in un dato giorno, a una data ora. Se vuoi saperlo, non credo di averla ancora abbandonata.
Allora – rincarò il Gran Kahn incuriosito – se è vero quanto dici, che ancora vivi in essa, sarà certo più facile parlarmene.
Tu, Kahn, che sei un grande condottiero, meglio di altri dovresti sapere che è proprio del luogo in cui vivi che più difficilmente puoi dire. Infatti la sola cosa che potrei raccontarti di Autodafé è che, sinora, non ho potuto lasciarla.
Marco – sogghignò l’Imperatore – confondi le parti pronunciando questo discorso. Sono io, colui che appeso al trono, vive il proprio regno attraverso le parole del viaggiatore. E sei tu, colui che senza dimora, esercita il suo fascino raccontandomi il mondo. Inventando per me il mondo.
Dici il vero – aggiunse Marco – poiché se esisto è solo attraverso le parole che pronuncio in tua presenza. Il mondo lo percorro per poter un giorno venire qui a descriverlo. Eppure grande Kahn, anche io appartengo a una città, anche il mercante di sogni, sogna. E sogna di tornare ad Autodafè.
Dunque Marco, se Autodafé davvero è la tua città, ancor più ti esorto a dirmi di lei. Quale luogo può aver così profondamente ammaliato il grande Marco Polo?
Un giorno – rispose il viaggiatore – senza bisogno che io te la descriva, anche tu vedrai Autodafé. Quando accadrà, o immenso Kahn, non avrai più bisogno dei miei racconti. Non vedrai più paradisi artificiali, inferni di carta e porti senza navi. Quando vedrai Autodafé sarai tu a raggiungermi ed io smetterò di viaggiare.
Detto questo Marco Polo si alzò, fece un grande inchino e, congedatosi dall’Imperatore, partì.
Se le città raccontate fossero reali o meno non ci è dato scoprirlo. Come non sapremo mai se Kublai Kahn credesse o meno ai racconti del suo ospite. Solo sappiamo che il grande condottiero, in piedi sulla soglia della sua immensa terrazza, osservava il cavallo di Marco allontanarsi all’orizzonte. Solo sappiamo che, mentre si allontanava dalla reggia, senza mai girare il capo, Marco Polo salutava Autodafé. La sua città.

A J e G perché ogni principe è prima di tutto un tiranno, ogni santo è stato inquisitore ed ogni nido nasconde una gabbia

9 commenti:

  1. Ogni principe nasce principe non lo diventa, ogni santo muore come uomo, poi qualcuno decide per lui la santità e ogni nido è una gabbia.

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  2. Ma non c'è nessun racconto intitolato Autodafè nelle Città Invisibili!

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  3. Può capitare che sia con la morte nel cuore che si saluta autodafé e ci si affranca dai tiranni. Potremmo forse anche dire che a nostra volta siamo noi i tiranni con gli occhi bendati che non riescono a vedere autodafé e tentano di farsela raccontare, di trovare le risposte negli occhi e nelle parole degli altri.
    L'atto di fede racchiuso nella parola non può indirizzarsi all'esterno, ma verso noi stessi.
    Un uomo diceva: Non chiederci la parola che squadri da ogni lato
    l'animo nostro informe, e a lettere di fuoco
    lo dichiari e risplenda come un croco
    Perduto in mezzo a un polveroso prato.
    E se le risposte non le aveva lui...

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  4. Uelà quanta vita in Cina e dintorni... Jenny mia, come strimpellavo or ora tra i giovini cretativintellettualidisinistradamsianibolognesi: primavera mortifera,
    primavera black and white
    primavera soporiiifera
    vestiremo tutti il taight

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  5. Scusate, sono un po' dura di cervice, ma Autodafè cos'è? la città del pentimento coatto? della conversione insincera?... io non capisco. ma del resto anche del libro di Canetti ho sempre fatto fatica a capire il perché del titolo. Chiedo aiuto...
    Giulia

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  6. Bhò.Canetti non l'ho letto.Il riferimento era alla pratica portoghese.Da un lato perché CT è nato con l'occasione di Lisboa,dall'altro perché nel dialogo tra due parti dello stesso personaggio trovavo l'espiazione coatta un tema divertente e mortifero al contempo.Poi perché Autodafé nega se stessa.E il sound è...bhè...la senti no la negritudine direbbe EmmaBoshi

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  7. E se Autodafè fosse in realtà Autogrill? Io adoro questa citta fatta di punti lungo una rete infinita di asfato e paesaggio. Ogni Autogrill è una città a se stante, uguale alle altre ma alla fine sempre diversa. Un modello universale che allo stesso tempo modello non è. Pura ispirazione. La vera città dei liberi pensatori. O forse una città umbratile, disegnata da ombre che concepiscono idee durante il continuo percorso.
    In effetti il tiranno è la compagnia petrolifera da cui fuggiamo ogni volta che innestiamo la prima, ma da cui dobbiamo necessariamente tornare. E tra un titanno e l'altro è un continuo vagare di idee, immagini, suoni. Sembra la struttura stessa dell'universo del Nolano. Sembra. Il tutto dentro un semplice autogrill...dove si fermano piervittorio Tondelli, Guccini e molti altri. Amo la giovane cassiera.

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  8. Luogo comune degli uomini:amore erotico per cassiere e shampiste,giovani.
    Luogo comune dei designer:sì al Compasso d'oro ma vuoi mettere il lusso di fare i piatti per l'Autogrill?!
    Luogo della narrazione:Autodafé -così rispondo anche alle giuste osservazioni di Giulia- è il tradimento.Tutto qui.
    Il credere in un un'idea e,di fronte allo scoglio della legge dei forti -raramente giusti- rinnegarla.Autodafé è il tradimento della verità.La nostra verità.Tradimento dell'utopia.Del pensare che si possa ancora fare qualcosa,ricominciare tutto da capo,senza cinismo ma con determinazione.Autodafé è il tradimento dei centri storici nei confronti delle periferie, della politica nei confronti delle etnie,dello starsystem verso gli sprawl delle city.Autodafé è tutte le volte che facciamo una marchetta.Autodafé è il confronto tra i nostri profondi desideri e i limiti di realizzazione.Autodafé dovrebbe essere l'incpit per ogni progetto.
    Ovviamente anche per questo bellissimo degli autogrill,che ovviamente svilupperò...

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