lunedì 7 aprile 2008

Caro A,


di corsa, perché così mi conosci. Eppure alla rapidità dei movimenti, dei tempi dell'azione, corrisponde, anche, una certa lentezza riflessiva. Uno spazio interiore che mi concedo. Come sai principalmente nei week end. Parbleau! Volevo dire nei fine settimana. Scusa l'anglicismo. Che poi, a dire il vero, quel fine settimana non è altro se non la traduzione letterale di un concetto, nato proprio dalla rivoluzione industriale (tutta inglese), che noi mediterranei abbiamo assorbito. Il week end è un brand profondamente brit! Sì, sono rimasta lì. Alla nostra discussione pasquale. Torino è sempre presente nei miei traumi pre-partenza. Cerco di riabilitarla. Come la nostra povera lingua, no? Così pervasa da quella - dicevi tu - povera per davvero che è l'inglese. E proprio non ci sto. Non credo tu abbia ragione. Io che di parole vivo. Come tanti. Come alcuni gloriosi scrittori che furono eccellenti traduttori. Lo so che tu parlavi di riduzioni, d'impoverimenti di senso. Parlavi e citavi Moretti: "Ma come parla lei? Le parole hanno un senso!". Vero. Vero che ci si riempie la bocca di lay out di plug in di coming soon. Ma non credere, non cadere nel tranello, che questo sia l'inglese. Quella lingua coltissima, fatta di doppi sensi acuti e frasal verb. Non credere che proprio il senso di quella lingua non abbia massivamente influenzato pubblicità e creatività. Visual, copy e co. Se è davvero il nemico elabora una giusta strategia bellica. Magari leggendo Dorothy Parker, che è abbastanza hold fashioned per incontrare i favori di un sabaudo come te. Poi, scusa tanto sudista-nordico, ma se di meticciato si trattasse, che male ci sarebbe?! Dante, mi pare, scrisse anche in volgare...

Bacia Torino per me

E

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