martedì 29 aprile 2008

La deriva

Le forme dell'arte sono simboli specifici nella deriva del senso. Dei sensi. Sono un mediatore potentissimo tra gli effetti della realtà - morte, dolore, malattia - e la nostra necessità di sopravvivere a tali condizini. Ma nel post-moderno o, come ho sentito spesso in questi giorni, nell'iper-moderno, alla necessità di sopravvivere si sostituisce quella, ben più complessa, del vivere infinite volte. La realtà virtuale ha prodotto questa moltiplicazione dei significati, atrofizzandone la definizione primaria e sviluppandone altre, effimere, temporanee. I simboli, anche i simboli storicamente accettati dalle società, assumono un ambivalenza intrigante e, per questo, molti pensatori credono di poterli utilizzare in modo comodo, immedato. Fatico a comprendere come un grande filosofo da sempre impegnato nel campo della metafisica possa così agilmente impossessarsi di un linguaggio specifico come quello dell'architettura. Dominare i saperi significa spesso privarsi di un certo grado di narcisismo che porta gli intellettuali, troppo spesso, a una smania di conquista di campi di riflessione complessi. La teoria che Severino espone in Tecnica e architettura ha ben poco a che vedere con ques'ultima. Direi piuttosto che è un testo interessante e didattico che vedrei bene nelle bibliografie degli esami di Storia dell'architetura nelle università italiane. Per il resto, per quanto riguarda la mia specifica ricerca, le teorie di questo filosofo sono una delle tante voci nell'arciplelago delle presunte verità. Il problema più grande, almeno dal mio punto di vista, è ricucire faticosamente questi brandelli di sapere che sembrano disfarsi come un'antica stoffa marcita nella stiva di una nave. La nave che, appunto, sta andando alla deriva.

3 commenti:

  1. Ciao Elisa.
    Ti rigiro pubblicamente una vecchia richiesta.
    Perchè CT non propone una bibliografia ragionata, magari costruendo, annessa al blog, una bibliotechina virtuale?
    Una selezione di 10 testi, che ciclicamente possa mutare come le classifiche musicali.

    Ancora Buona Ricerca

    RispondiElimina
  2. Ciao E,
    provo ad’ usare anche questo strumento comunicativo con tutte le difficoltà di un ultrà60N.
    L'anali che fai su "Tecnica e architettura" di Severino (Raffaello Cortina ed., euro 8,50) lascia spazio a qualche riflessione. Oggi vorrei rimanere sul generale:dire qualcosa sul rapporto filosofia/ estetica-architettura e di conseguenza includere anche il ruolo di Severino nel dibattito in questione.(Poi ho il dubbio su quanto lungo possa essere un commento perciò mi limito all’essenziale e lo invio a puntate).
    Parto dall'idea che fin dai tempi più remoti l'architettura abbia ubbidito a tre fondamentali elementi pratici-teorici: la stabilità, la funzionalità e la piacevolezza. Ora, mentre la stabilità è legata alla minore deteriorabilità possibile, oltre che al restare in piedi, di una struttura; la funzionalità e la piacevolezza si iscrivono prevalentemente su piani prettamente simbolici-filosofici.
    Nel passaggio dal mito alla filosofia, l’architettura, che all’inizio era un tutt’uno con l’urbanistica, s’ è iscritta, non a caso, all’interno di quel ramo filosofico che si chiama estetica. Questo per dire che i filosofi, da sempre, sono stati deputati a parlare di questo argomento.
    (fine prima parte)

    RispondiElimina
  3. Grazie Lupo,aspetto le altre parti del commento...

    RispondiElimina